C’è ancora bisogno di sinistra in questo paese?
Per trovare una risposta quanto più possibilmente oggettiva, ho provato ad analizzare alcuni aspetti centrali nel nostro paese come la giustizia sociale e la legalità e la parità uomo donna.
Giustizia sociale: Tra il 2008 e il 2014 il nostro Paese si è sempre più allontanato da quel paradiso in terra dell’uguaglianza e del benessere che è la Scandinavia. Tanto da piazzarsi solo al 24esimo posto (su 28 membri) nella classifica della giustizia sociale nell’Unione europea che compendia un voluminoso studio della Bertelsmann Stiftung, la principale fondazione privata tedesca e tra i più accreditati pensatoi economico-sociali al mondo. Peggio dell’Italia, per i ricercatori della Bertelsmann, si comportano solo Ungheria, Bulgaria, Romania e Grecia. La ricerca della Bertelsmann Stiftung si focalizza su sei indicatori principali, variamente declinati: la prevenzione della povertà, l’educazione, l’accesso al mercato del lavoro, la coesione sociale, la salute, la giustizia inter- generazionale. Ebbene, in nessuno di questi l’Italia raggiunge la sufficienza e solo per la salute fa meglio della media europea, ma con una tendenza pericolosa al peggioramento.
L’Italia ha la maggiore percentuale di Neet (Not (engaged) in Education, Employment or Training ovvero i 15-29enni che non studiano, non lavorano e non sono impegnati ad apprendere un’attività professionale): il 32% (erano il 21% nel 2008) contro una media europea del 18% e il 9,5% della Germania. Del resto, per abbandono dell’obbligo scolastico l’Italia è quintultima. I fattori socioeconomici hanno, infatti, un pesantissimo impatto sui risultati scolastici degli studenti italiani: nella Penisola, la famiglia di origine incide sulle loro performance ai livelli più alti d’Europa, in compagnia di Estonia, Finlandia e Cipro.
L'Italia presenta un tasso di occupazione del 55,6% (-2,1% sul 2008) contro il 63,5% medio europeo. Lavorare, comunque, non garantisce uno status socio-economico decente: il 9% dei lavoratori italiani risulta sotto la soglia di povertà.
Legalità: L’Italia è il paese più corrotto d’Europa, secondo il Corruption Perception Index 2014di Transparency International. In classifica il nostro paese è al 69esimo posto.
Il costo della corruzione in Italia è stimato tra i 60 e i 100 miliardi di euro l’anno.
Ciascuno di noi, ogni giorno, misura su se stesso il peso della corruzione in questo paese. Un paese in cui c’è il diffuso convincimento che per ottenere dei diritti sia necessario ricorrere alla richiesta di favori.
Tra pagare una tangente per un appalto e portare una provola al postino che non ci fa fare la fila personalmente non trovo nessuna differenza.
Parità uomo/donna: L'Italia è al 69esimo posto (su 142) nel ‘Global Gender Gap Report 2014’.
Prima dell'Italia che però guadagna due posizioni rispetto allo scorso anno, anche Thailandia, Estonia, Zimbabwe, Israele, Cile e perfino il Bangladesh.
Nel rapporto sono stati analizzati quattro settori fondamentali: economico, politico, istruzione e salute per capire se i Paesi stanno distribuendo le proprie risorse e opportunità equamente tra uomini e donne.
Per quanto riguarda la partecipazione delle donne nel campo economico, l’Italia nel 2014 precipita al 114esimo posto dal 97esimo dell’anno scorso, mentre occupa la posizione numero 88 sulla partecipazione delle donne nel mondo del lavoro e addirittura la 129esima posizione per parità salariale per lavori simili tra Paesi e Paesi.
L’occupazione femminile in Italia non arriva nemmeno al 50%, di dodici punti più bassa della media europea e di oltre venti rispetto all’inavvicinabile Svezia.
La spesa pubblica per aiutare le donne a far nascere e crescere i figli è pari a 20,3 miliardi, pari all’1,3% del Pil e inferiore ben del 39,3% rispetto alla media dei 27 Paesi dell’Unione europea. In particolare, le prestazioni assistenziali a favore delle nascite – tra cui rientrano le misure di sostegno al red- dito per le madri in maternità – si assestano sui 3,1 miliardi di euro, una cifra inferiore del 26,6% rispetto alla media europea. Quelle a sostegno della crescita dei bambini – come gli assegni familiari – sono di 2,8 miliardi, più basse del 51,2% rispetto alla media Ue, mentre quelle destinate ai giovani sotto i 18 anni ammontano a 6,6 miliardi, uno stanziamento inferiore del 51,5% rispetto a quello europeo.
Ho la sensazione che questo paese abbia un forte bisogno di giustizia e uguaglianza.
Giustizia e uguaglianza che si declinino con una parola magica che però stiamo perdendo per strada: la solidarietà.
Invece in questo paese lo sport preferito dal governo e in particolare dal suo presidente del consiglio è mettere gli uni contro gli altri: lavoratori contro sindacati, precari contro pseudo-tutelati. Le tutele si abbassano, ma non si toccano i privilegi. Si affermano concetti come “devi imparare a lavorare gratis”, quasi che non ci sia già un’intera generazione abituata a farlo.
In questi giorni, leggendo i commenti di tanti che si definiscono parte del centrosinistra o della sinistra di questo paese provo un senso di nausea.
La Grecia viene vista come quel cattivo debitore di cui disfarsi facendogli pagare anche il pegno.
L’Europa delle possibilità, possibilità di muoversi, di viaggiare, di incontrare altri popoli, di imparare le lingue, di avviare imprese e scambiare le merci ha lasciato il posto all’Europa dei soldi, non della finanza, dei soldi.
E non si comprende quanto necessaria sia la costruzione di un’Europa in cui tutti si possano sentire davvero europei, con pari diritti e doveri.
Penso alla fiscalità, ai livelli di welfare e di istruzione, alla rimozione delle barriere che ostacolano la mobilità sociale, alle opportunità per chi vuole fare impresa e alle tutule per chi ha un lavoro, lo cerca, lo ha perso. Tornando alla domanda inziale, quindi in un contesto come questo, questo paese ha ancora bisogno di sinistra?
Provo a dare una risposta semplice ed essenziale: sì.
E’ necessaria una sinistra capace di ascoltare, parlare e rappresentare nelle istituzioni i bisogni nuovi e quelli di sempre.
Penso alle partite iva, ai giovani in cerca di opportunità, ai meno giovani alla ricerca di formazione vera e reinserimento professionale. Penso a chi non ce la fa e ha bisogno di uno stato che faccia lo stato e garantisca sanità, scuola e servizi pubblici, per tutti.
Però per fare questa sinistra c’è bisogno di ritrovare quel legame smarrito tra la politica e i cittadini. C’è bisogno che la politica diventi credibile e i cittadini si riavvicinino alla politica con fiducia.
Se la partecipazione è di sinistra. L’astensionismo è di destra?
Allora urla dolore quel 61% di astensione alle regionali in Emilia Romagna lo scorso novembre. Un intero popolo in quella regione e non solo non si riconosce più nella sinistra.
E’ necessario offrire un’alternativa, possibile.
Nelle prossime settimane la partecipazione non sarà solo auspicata, ma ricercata.
La campagna referendaria invaderà il paese sulla riforma elettorale, il Jobs Act, lo Sblocca Italia, le grandi opere e la riforma sulla scuola.
Insieme a tanti altri abbiamo scelto di non essere una delle 50 sfumature di Renzi, ma di provare a costruire un’alternativa possibile a tutto ciò che non ci piace e che vorremmo cambiare, a sinistra e insieme. Abbiamo scelto come simbolo l’uguale, perché forse solo se questo fosse un paese in cui tutti i cittadini sono davvero uguali, forse, e dico forse, non ci sarebbe bisogno della sinistra.